MINA. The Voice of Silence: Presence and Absence of a Pop Icon

“MINA. The Voice of Silence: Presence and Absence of a Pop Icon”, organized by Jacopo Tomatis, Giulia Muggeo and Gabriele Rigola at the University of Torino, 25-26 March (also in partnership with IASPM Italia).

The conference was originally planned for March 2020, celebrating the great singer Mina’s – a true Italian icon – 80th birthday. For obvious reasons, we had to reschedule the whole program online (so, we are now celebrating Mina’s 81st birthday!).

The conference is held on Webex.

The online participation is free of charge. If interested in getting the streaming link, you are all welcome to fill this form:

https://docs.google.com/forms/d/1tl7hA00u40W6mwgbA9Hin35lmZY0jgSpaOdKbEPzZqc/viewform?edit_requested=true

HERE the full program, and some info below.

http://www.iaspmitalia.net/wp-content/uploads/2021/03/MINA_programma_definitivo.pdf

MINA. THE VOICE OF SILENCE: PRESENCE AND ABSENCE OF A POP ICON

Internazional Conference

25-26 marzo 2021

Università di Torino, Dipartimento di Studi Umanistici, DAMS, CRAD – Centro Ricerche Attore e Divismo

(Online via WEBEX)

Mina’s body – with its presence and absence – crosses the last sixty years of Italian history. Starting from her debut as an urlatrice on the 1950s television show Il Musichiere, and in the Italian musicarelli movies between 1959 and 1960, up to her “physical” farewell in 1978 and her latest “virtual” appearances, Mina stands out as one of the most powerful Italian pop icon. During her entire career, Mina was able to establish herself as a key figure of Italian popular culture, but also as a cult artist, paving the way in Italy for an American- inspired sophisticated song (Fabbri 2008, p. 113). Yet, there are many more Minas: the TV icon of the 1960s, the reassuring presence (and voice) of the Carosello commercials, the independent woman blamed by the media, the record producer, the columnist…

Mina thus represents a unique figure, encompassing different fields of study; her uniqueness seems to challenge the usual research paradigms, and possibly contributed in discouraging scholars: despite Mina’s recognized cultural relevance, a specialized bibliography can be hard to find. Among the few academic contributions, we can remember those of Paolo Prato (2014), Rachel Haworth (2017; 2018a; 2018a; 2018b; 2019), Lucio Spaziante (2016) and Franco Fabbri (2017); Franco Fabbri himself, with Luigi Pestalozza (1998), edited the only collection on the subject, with articles by Roberto

Favaro, Maurizio Franco, Mauro De Luigi, Giovanna Marini and Edoardo Sanguineti among the others. As for the rest, Mina has been incidentally analyzed in the few ample works available on Italian popular music (Fabbri 2008; Prato 2010; Tomatis 2019).
At the same time, systematic studies on Mina, both in Italy and abroad, on the role she has played in the history of the Italian mass media system and in the general context of visual culture are almost nonexistent; only few contributions have offered a perspective on this issue, connecting Mina’s figure with celebrity and performance studies (Acca 2011; Mosconi 2014; Valentini 2017).

The study of Mina’s figure in an intermedial perspective can thus provide a contribution to the understanding of the specificities of different media – from the popular press to television – and their history in Italy; and to the comprehension of social and cultural changes in fashion, habits, and the very idea of show business and entertainment in Italian cultural industry.

This international conference on Mina and her image – in the year of her 80th birthday, sixty years (or a little more) from her debut – is part of CRAD’s and Sylvia Scarlett Gender Media Lab’s activities at the University of Torino. As demonstrated by past events and conferences, among the goals of both organizations is to support an intermedial, transdisciplinary approach, encompassing the studies on visual culture and cinema with sound studies, popular music studies, gender studies, media studies, cultural history and semiotics.

**ITALIAN VERSION**

Il corpo di Mina attraversa – in presenza e in assenza – gli ultimi sessant’anni di storia italiana. A partire dal suo debutto come urlatrice sugli schermi del Musichiere e nei primi musicarelli tra il 1959 e il 1960, fino all’addio “fisico” alle scene nel 1978, e ancora nelle sue apparizioni “virtuali” più recenti, Mina si è imposta come una delle più potenti icone pop italiane, capace di distinguersi tanto come presenza rilevante nell’immaginario popolare, quanto come artista di culto, pioniera per l’Italia di una «canzone sofisticata» sul modello americano (Fabbri 2008, p. 113). Simbolo di una tv raffinata ed elegante, volto (e voce) rassicurante della pubblicità, contestato modello di indipendenza femminile, imprenditrice discografica, opinionista: Mina rappresenta – nella storia dei media e del costume italiani – un unicum, difficilmente riconducibile a paradigmi di analisi consolidati.

L’unicità della figura di Mina, e il suo porsi al confine tra diversi ambiti di ricerca, ha forse contribuito a scoraggiare gli studiosi: a dispetto di una centralità riconosciuta a più riprese, la bibliografia specialistica su Mina è decisamente scarsa, se si escludono alcuni contributi di Paolo Prato (2014), Rachel Haworth (2017; 2018a; 2018b; 2019), Lucio Spaziante (2016) e Franco Fabbri (2017); lo stesso Fabbri ha curato con Luigi Pestalozza (Fabbri e Pestalozza 1998) quella che è a oggi l’unica miscellanea di saggi su Mina, con interventi – fra gli altri – di Roberto Favaro, Maurizio Franco, Mauro De Luigi, Giovanna Marini ed

Edoardo Sanguineti. Per il resto, Mina è trattata incidentalmente in lavori di respiro più ampio sulla storia della popular music in Italia (Fabbri 2008; Prato 2010; Tomatis 2019). Al contempo sono pressoché inesistenti studi sistematici e contributi, italiani e internazionali, che prendano in considerazione il fenomeno Mina nel più generale contesto della storia dei media, del cinema e della televisione, nonché in un più ampio scenario di cultura visuale, se si escludono gli esigui contributi che ne discutono l’importanza nei celebrity e performance studies (Acca 2011; Mosconi 2014; Valentini 2017). Studiare Mina in termini intermediali significa quindi prendere in esame, in filigrana, i mutamenti che hanno interessato i singoli media, dalla televisione alla stampa popolare, ma anche osservare lo sviluppo e il cambiamento culturale e sociale della moda, del costume, degli stessi concetti di show e entertainment nell’industria culturale italiana.

Da questo punto di vista, l’organizzazione di un convegno intorno a Mina e alla sua immagine – nell’anno del suo ottantesimo compleanno, e a poco più di sessant’anni dall’inizio della sua carriera – rappresenta lo sviluppo delle attività del CRAD e del Sylvia Scarlett Gender Media Lab dell’Università di Torino, all’insegna di un approccio intermediale e transdisciplinare, che tenga insieme gli studi sulla cultura visuale e sul cinema con quelli sul suono, i gender studies e i popular music studies, gli studi sui media, la storia culturale e la semiotica.